NICOLA MICIELI.

             

Già agli esordi nell'ambito di una pittura figurativa collocabile tra un postimpressismo di tradizione toscana e un novecentismo improntato ai modi della scuola italiana a Parigi, Lori Scarpellini mostrava interesse a rappresentare gli aspetti della natura in cui più evidente è la presenza dell'uomo e, dunque, della sua cultura. Accanto ai generi canonici - il paesaggio, la natura morta, il ritratto - che un tempo costituivano la palestra formativa consueta dei pittori, Scarpellini amava affrontare il tema della figura collocata sia in interno che in esterno. L'immagine risultava impostata sempre con un certo respiro strutturale, secondo regole costruttive d'ordine plastico che traducevano il corpo umano in forme larghe e solide, inserite in un contesto ambientale che diremmo architettonico, pur se costituito da alberi, rocce o altre evidenze del paesaggio. Nel repertorio di Scarpellini non mancavano certo, venti e più anni fa, opere dai contenuti pittorici dichiarati e godibili, eseguite con impasti densi e a tocchi di colori luminosi, cui corrispondeva una visione puramente descrittiva della natura. Ma comparivano altresì dipinti nei quali l'inclinazione al racconto si traduceva nella ricerca di climi molto evocativi. In quell'epoca l'intonazione appariva solenne e direi quasi drammatica, poiché Scarpellini mostrava la tendenza a rappresentare figure monumentali che lo spazio stentava a contenere, e dunque le composizioni risultavano assai compresse e talora dominate da una sorta di horror vacui.
Nel seguito degli anni lo spazio dell'immagine, divenuto man mano più arioso e sgombro di sovrastrutture, è andato definendosi come memoria di un tempo arcaico, di una dimensione mitica in cui l'uomo e la natura si incrociano e si fondono in sintesi poetica. È interessante notare che tale processo ha coinciso, circa dieci anni fa, con la scoperta del mare, e direi più diffusamente dell'elemento liquido, e con la scelta pressoché univoca della figura femminile come luogo emblematico dell'umanità. Vale la pena rilevare, inoltre, che da quel momento la ricerca pittorica si è sviluppata per cicli
tematici, ognuno contraddistinto da una variazione stilistica nell'ambito di un linguaggio ormai sempre più sintetico e lontano dalla verosimiglianza visiva.
Il primo ciclo ben definito fu quello degli "Astanti", caratterizzato da figure maestose ma anche aspre, immerse nel mare o sedute e distese su rocce che paiono un'estensione delle loro membra. Sono presenze il cui ruolo non è definito, ancora incerte se appartenere alla natura o al mito, come si evince dalle monumentali donne che in primo piano dischiudono le gambe giunoniche a mostrare il sesso fecondo, espliciti richiami erotici ma anche possibili simboli della grande madre
che è la terra. Interessante e nuova è la solennità della scena pervasa dal silenzio, come se questi astanti, ancora rigidi e un po' schematici nelle loro semplificate e spigolose anatomie, fossero in attesa di un evento misterioso.

Ben presto il tessuto pittorico diverrà più fluido e intimamente animato. Dai blocchi delle figure concepite come isole si svilupperanno forme astratte che segneranno le acque come zattere alla deriva. Nascono le "Città del mare", poetiche mappe in cui compaiono gli approdi mitici delle figure profilate come variazioni dell'azzurro. La struttura compositiva diviene ritmica e modulare, la materia si ammorbidisce in velature che consentono di evidenziare scie e fluenze dei corpi immersi nella liquidità dei fondali marini. Non mancano le accensioni del colore in quei climi da acquario; cui corrispondono, in versione solare, paesaggi con o senza figure dai nitidi ritmi formali e altrettanto mitizzati sul piano evocativo. Specialmente godibili, in questa fase, appaiono i pastelli morbidamente sfarinati, che determinano una luminosità diffusa della scena e introducono le tonalità più sottilmente modulate dei cicli "Pianeta blu" e "Città del sole", ossia i cicli recenti qui presentati per la prima volta. Come si vede, si tratta dello sviluppo organico del lavoro precedente che. Scarpellini ha ulteriormente affinato la tessitura pittorica, dico la forma e la materia, procedendo a variazioni del tema in versioni cromatiche distinte sulle gamme fredde degli azzurri e calde dei rossi e dei gialli. La tendenza è a una chiarità dominante che rende le immagini ora tra loro contigue, appartenendo a un mondo ideale in cui gli aspetti antagonisti dell'essere si risolvono nell'unità poetica della visione. Giustamente Scarpellini ha pensato di raccogliere sotto un'unica denominazione, che è poi il titolo di un dipinto appena eseguito, l'intero corpus delle sue esperienze recenti. Si tratta di "Mediterranea", una composizione circolare che sembra costituire, giusta l'immagine cartografica prima evocata, la topografia di una città ideale, un luogo ove convergono le nostre immaginazioni ancora oggi sensibili alla suggestione dei miti su cui si fonda la nostra civiltà

 

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Lori Scarpellini