DINO CARLESI

 

SCARPELLINI  E LO  STUPORE DEL COSMO

 

Scarpellini abita un mondo degli dei. Il luogo dove gli eventi nascono per miracolo. Io partirei dal fuoco, lì è la combustione, il momento sacro del sacrificio supremo. L'azzurro tenta la propria difesa ma l'ascesa è verso il sole, la luce che staglia le figure e inizia l'opera della distruzione che è una rigenerazione. Il dialogo è appena avviato, le forme sono di una carne illuminata da un tempo giovane, redento, addirittura capace di smarrirsi nei giochi, nello zigzagare di una linea che crea un diagramma di respiro, un grattacielo di angoli sul corpo caldo di una donna.

L'acqua del mare disegna forme rosa appena sospese nell'azzurro dominante, sui triangoli rossi e gialli che come boe segnano sul mare il tempo del meriggiare in follia, con le donne mute nella leggera attesa di un vento che le ridesti a vita. L'incanto è nel lievitare di una tenebra incipiente che riconduce tutti ad una stagione primordiale in cui le forze si sono ormai placate in poesia.

La terra ritorna come miracolo di una geologia dell'anima che tra un corpo e un tronco attende che i meteoriti calino sul simbolo terrestre e lo inondino di speranze perché l'aria giochi con la materia, gli elementi creino limpide nebulose e il mondo torni a racchiudere i suoi significati più profondi.

L'aria si frantuma nei crepuscoli quali angeli nuovi di una nuova geometria che vanno per cieli d'aria o per cerchi materici o per spirali rosse e bianche. Il circolo si chiuderà nel momento in cui quello splendore segreto uscirà dal chiuso della coscienza.

L'artista va oltre il limite del comune visibile, unisce gli elementi fondamentali del mondo, la città del mare e della terra assume la forme di un cosmo che non finisce mai di stupire. Scarpellini ne è il cantore sommesso e misterioso. La sua pittura è mossa da una sua intensa plasticità che agita dall'esterno un panorama del cuore e della mente, quasi l'artista volesse smarrirsi in esso per una partecipazione totale alla comunicazione lirica che gli sta a cuore.

Pontedera  Novembre 2004  

                  

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                                                            Presentazione al catalogo   Mediterranea  1996

Lori Scarpellini, pittore butese dalla personalita' complessa e dall'accesa curiosità verso tutto cio' che puo' offrire emozioni e materia di studio. Ricordo i " Nudi " degli anni Settanta, addolciti da una materia pastosa e dai larghi gesti di abbandono e di sorpresa, le cui origini non sono tanto attribuibili al ricordo del suo Maestro quanto a reminiscenze solenni e arcaiche, riconducibili a certi modelli novecenteschi filtrate dalla sua naturale disposizione al fraseggio sensuale e dall'amore per una natura da riscoprire ogni giorno nei suoi aspetti piu' segreti . Le " Magnolie " del 1986 sono indicative di una ricerca in senso contrastante alle risonanze romantiche precedenti : ormai le nuove figure emergono con plasticita' e veemenza, racchiuse in confortevoli geometrie che costruiscono spazi con rasserenante dolcezza compositiva.

Scarpellini e' pittore che puo' passare dalle tenerezze figurative ai grandi spazi scenografici, alternando durezze compositive alle morbidezze delle " Modelle " e dei " Nudi sdraiati " e, addirittura, alle " Marine " sognanti, alle lune e ai cieli . Fino agli anni '90 la sua figurazione si e' solidificata in immagini statuarie e sintetiche : era il netto predominio di volumi ormai privati di precisi riferimenti analitici, chiusi gli " Astanti " entro linee rigide, quasi simboli di una pietrosita' scultorea e collocati in scenari apocalittici, tra grandi pianure e grandi cieli.. Erano gruppi dall'evidente staticita' compositiva, dove le diverse cromie dei corpi sembravano in funzione di una preferenza monumentalistica e arcaica. Queste folle di figure in attesa di chissa' quale rivelazione parevano essere emerse dalle acque -come isole o Dee - per partecipare a qualche rito di purificazione solenne e irrinunciabile, con attorno una natura dalla biblica irrealta'. Folle e uccelli parevano non respirare la nostra aria, ma estraniarsi in primordiali atmosfere senza tempo e storia : un incanto surreale quasi premonitore e avveniristico oppure offerto pedagogicamente in polemica col disamore dilagante di oggi . Direi che i Pastelli eseguiti negli ultimissimi anni segnino davvero un punto alto di purezza lirica, un ritorno rasserenante alla poesia. Se le " Figure nel paesaggio " rappresentano gia' una digressione creativa in rapporto alla vecchia rigidita' (con l'invenzione di certi alberi incrociati fra se stessi, e tronchi lievi e chiome che ricordano certe pale medievali) le " Citta' del mare " segnano il passaggio ad una ulteriore raffinatezza formale, quasi le tenerezze ludiche di un Klee riaffiorassero in questi coni rosati e in questo mare intenso e libero da ogni vincolo iconografico. La materia del pastello si adatta bene a sgranare sulla tela un'effusione sentimentale di tutto rispetto, dentro la quale i simboli lievissimi si ergono come sommovimenti di grazia o piccole accensioni di felicita' dichiarata.

Mi pare che Scarpellini rapporti sempre i suoi mutamenti ad una sua precisa esigenza di corale disposizione all' "incontro " tra gli uomini, prima cercato nell 'avvento di una magica sorpresa da parte del gruppo (un nuovo Sinai con nuove Tavole)? e poi racchiuso nella nicchia preziosa di queste marine entro cui il segno labile dell'esistenza nasce per miracolo di simboli appena percettibili e che chi guarda deve riempire dell'attesa delle proprie meraviglie.

 

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Lori Scarpellini