ELENA BONO

 

Lori Scarpellini. di Buti in quel di Pisa. Una piccola "città di pittori". E lui un "pisano" caparbio, sempre polemico con se stesso, aggressivo con i suoi quadri, specie gli oli, che tormenta per ridurre alla visione interiore borbottando il suo eterno: "Questo colore non mi ci sta".

Il suo maestro, il grande Gajoni, è anche il suo "persecutore" come colui che gli ha insegnato  prima di tutto, l'incontentabilità.

Eppure anche Gaioni pensiamo, sarebbe gradevolmente sorpreso di fronte a certe figure di Lori Scarpellini come ai bellissimi "Due nudi seduti", di un incastro logico quasi feroce alla Casorati, e allo stesso tempo mirabilmente liberi.

Qui Scarpellini espone le sue cose minori, se possono definirsi tali, opere tanto orchestrate, accanitamente ragionate sul nucleo autentico della visione “intuizionale”, come "Natura morta con chitarra", dove le due quinte cromatiche: terrosa in prevalenza a destra, azzurrina sulla sinistra, dialogano intensamente col fitto scambio dei toni, attraversate genialmente dalla cascata del panno bianco in basso e dalla zona chiara della parete in alto con la nota prepotente, inattesa, del cappello pur esso terroso.

E la stupenda idea del "Granoturco" visto come una selva serpentina, bizzarra ed estremamente logica anch'essa, costruita da Dio uno di quei monumenti della natura che gli uomini non sanno vedere, ma i pittori sì. E mai più passeremo accanto a un campo di granoturco senza ricercare e ritrovare nell'apparente disordine naturale l'ordine di una ragione trascendente. Una novità infine di questa mostra: gli acquarelli, ispirati da quell'incontro d'acqua e di terra che è il padule di Bientina.

Scarpellini ha colto, da poeta pittore, l'eternamente liquido, fluido, quasi ambiguo e fuggente di questo luogo del mondo e ha trovato l'essenzialità, la sintesi.

Aprile 1979

 

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Lori Scarpellini